Canzoni che siano piene della luce di Cristo, che possano fare da guida nella via della vita, contribuendo a costruire un uomo nuovo in un mondo nuovo.
C’è una gustosa storiella che lo psicologo gesuita Tony de Mello amava
raccontare nelle sue conferenze e che si ritrova anche nel suo libro "Il canto degli uccelli":
«Un uomo trovò un uovo d'aquila e lo mise nel nido di una chioccia.
L'uovo si schiuse contemporaneamente a quelle della covata, e l'aquilotto
crebbe insieme ai pulcini. Per tutta la vita l'aquila fece quel che facevano i
polli del cortile, pensando di essere uno di loro. Frugava il terreno in cerca
di vermi e insetti, chiocciava e schiamazzava, scuoteva le ali alzandosi da
terra di qualche decimetro. Trascorsero gli anni, e l'aquila divenne molto
vecchia.
Un giorno vide sopra di sé, nel cielo sgombro di nubi, uno splendido
uccello che planava, maestoso ed elegante, in mezzo alle forti correnti d'aria,
muovendo appena le robuste ali dorate.
La vecchia aquila alzò lo sguardo,
stupita. "Chi è quello?" chiese.
"E' l'aquila, il re degli
uccelli", rispose il suo vicino. "Appartiene al cielo. Noi invece
apparteniamo alla terra, perché siamo polli."
E così l'aquila visse e morì
come un pollo, perché pensava di essere tale».
Nel piano di Dio, noi siamo tutti “aquile reali”, ma siamo inconsapevoli
delle vette alle quali potremmo innalzarci. Il lavoro di De Mello consisteva proprio
nel far aprire gli occhi alle persone, perché capissero la realtà della propria
grandezza, ciò che chiamava “risveglio” o "consapevolezza", che
vedeva la luce che noi rappresentiamo per noi stessi e gli altri, che ci faceva
capire che siamo migliori di quanto pensiamo.
La nostra paura più profonda
La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati.
La nostra paura più profonda è di essere potenti oltre ogni limite.
E’ la nostra luce, non la nostra ombra, a spaventarci di più.
Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, stupendo, pieno di
talenti e favoloso?”
In realtà chi sei tu per non esserlo?
Siamo figli di Dio. Il nostro giocare in piccolo non serve al mondo.
Non c’è nulla di illuminato nello sminuire se stessi
cosicché gli altri non si sentano insicuri intorno a noi.
Siamo tutti nati per risplendere, come fanno i bambini.
Siamo nati per rendere manifesta la gloria di Dio che è dentro di noi!
Non solo in alcuni di noi: è in ognuno di noi.
E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere,
inconsapevolmente diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso.
Nel momento in cui ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra stessa presenza automaticamente libera gli altri.
Nelson Mandela
“Tu mi hai fatto come un prodigio” è una citazione tratta dal salmo 139:
“Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; stupende sono le tue opere” …
Come spiega Chiara Amirante nel libro "Il prodigio che è in te", qualcuno si può sentire a suo agio nel dire questa frase, ma a qualcun altro, forse la maggior parte, sembrerà di dire una bella eresia, una sciocchezza, perché pensa: “Altro che prodigio, guarda
qua: ho fatto un disastro nella mia vita, non mi sento proprio tutto ‘sto
prodigio!”.
La verità è che entrambe le reazioni sono corrette, perché nel suo
progetto Dio ci ha creati come un prodigio: l’artista è Lui, non siamo noi. E’
Lui che ci ha intessuti nel seno di nostra madre, creandoci a sua immagine e
somiglianza. Lui ci ha fatti belli, splendenti, meravigliosi, in questo disegno
stupendo che è la vita del cielo, la vita della comunione perfetta con il
Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo.
Però è successo che noi nella nostra
libertà ad un certo punto abbiamo detto: “No!” Forse Tu mi ami pure, ma io non accolgo il
tuo amore; tu mi dici qual è la via, ma sono io che decido quale via voglio
percorrere; tu mi dai i tuoi comandamenti, ma sono io che voglio stabilire ciò
che è bene e ciò che è male”. In questo terribile atto di presunzione, succede
il disastro: quel meraviglioso prodigio che Dio aveva creato, quella scintilla
divina, quella immagine e somiglianza di Dio che c’è in noi, quella bellezza di
figlio di Dio viene deturpata, sfigurata. Ogni no all’amore che noi diciamo sfigura il nostro spirito, sfigura la bellezza
originaria che Colui che è bellezza ha impresso nel nostro cuore.
Quindi non è
che non ci sia il prodigio, siamo noi che con tante libere scelte ci diamo
molto da fare per sfigurare questo capolavoro d’arte. E’ come se davanti a
Michelangelo che dipinge la meravigliosa Cappella Sistina arrivassimo noi e
iniziassimo a graffiare tutto, a fare sfregi su sfregi. Col nostro peccato
facciamo la stessa cosa al prodigio che siamo: l’Artista fa un capolavoro
eccezionale e noi lo sfregiamo, lo sfiguriamo. E’ come se tu dicessi a tuo
figlio: “Non andare forte con la macchina, non passare con il rosso, non ti
ubriacare, non ti drogare…” e lui non ascolta, fa un incidente e ti ritorna
mezzo zoppo, poi ne fa un altro e si rompe il braccio ecc… Spiritualmente noi facciamo
proprio così: non ascoltiamo la segnaletica che il Signore ci dà e ci
deturpiamo, da prodigio a capolavori sfregiati, sfigurati, irriconoscibili.
Ma l’ascolto del Vangelo, della Buona Notizia, del Kerygma che Cristo è
morto per te, per i tuoi peccati ed è risorto, oggi ha il potere di
ritrasfigurarti in prodigo, in meraviglia di Dio, e ti fa una promessa, che la
tua vita può tornare ad essere un capolavoro, perché “Chi crede in me, compirà
le opere che io compio e ne farà di più grandi” (Gv 14,12), dice il Signore.
Dice proprio a te! Non a san Francesco o a santa Teresa… A te Roberto,
Patrizia, Paola, Gianluca: proprio tu, che io ho intessuto e creato, tu sei
chiamato a fare qualcosa di straordinario, se davvero credi in me, compirai le
mie stesse opere, anzi ne farai di più grandi! Bisogna custodire con tutto il
cuore questa parola, questa nuova consapevolezza che siamo il prodigio del
Signore, il capolavoro dell’Artista degli artisti.
La scienza ha dimostrato che di tutto il potenziale enorme che l’essere
umano possiede, si arriva a sfruttare secondo alcuni studi il 10%, secondo
altri l’1%. Questo avviene perché non lasciamo abbastanza spazio allo Spirito,
perché deturpiamo l’immagine di Dio che è in noi, e siamo noi stessi a
costruire le assurde gabbie in cui ci imprigioniamo. Siamo noi che principalmente con la nostra superbia, con la nostra pigrizia e con le nostre paure impediamo a Dio di operare in noi!
Come spiega papa Francesco, "il Concilio Vaticano II ci ha aiutato a capire meglio che tutti i
cristiani, in quanto battezzati, hanno uguale dignità davanti al Signore e sono
accomunati dalla stessa vocazione, che è quella alla santità" (cfr Lumen gentium, 39-42: “tutti nella
Chiesa, sia che appartengano alla gerarchia, sia che siano retti da essa, sono
chiamati alla santità, secondo le parole dell'Apostolo: « Sì, ciò che Dio vuole
è la vostra santificazione » (1 Ts 4,3; cfr. Ef 1,4)… È dunque evidente per
tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo, di qualsiasi stato o rango,
sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità
e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più
umano. Per raggiungere questa perfezione i fedeli usino le forze ricevute
secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, seguendo l'esempio di
lui e diventati conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà
del Padre, con piena generosità si consacrino alla gloria di Dio e al servizio
del prossimo” - LG 40).
Ma che cos’è la santità? In che cosa consiste questa vocazione universale
ad essere santi? “Innanzitutto
dobbiamo avere ben presente che la santità non è qualcosa che ci procuriamo
noi, che otteniamo noi con le nostre qualità e le nostre capacità. La santità è
un dono, è il dono che ci fa il Signore Gesù, quando ci prende con sé e ci
riveste di se stesso, ci rende come Lui. Nella Lettera agli Efesini, l'apostolo
Paolo afferma che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per
renderla santa» ( Ef 5,25-26). Ecco, la santità… è riscoprirsi in comunione con Dio, nella
pienezza della sua vita e del suo amore. Si capisce, allora, che non è una
prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti,
nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano”
(papa Francesco).
“Per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o
religiosi: no, tutti siamo chiamati a diventare santi! Tante volte, poi, siamo
tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la
possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente
alla preghiera. Ma non è così!
Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli
occhi e fare la faccia da immaginetta. No! Non è questo la santità! La santità
è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo
con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di
ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. E ciascuno nelle condizioni e
nello stato di vita in cui si trova… Ma, padre, io lavoro in una fabbrica; io
lavoro come ragioniere, sempre con i numeri, ma lì non si può essere santo… –
Sì, si può! Lì dove tu lavori tu puoi diventare santo. Dio ti dà la grazia di
diventare santo. Dio si comunica a te. Sempre in ogni posto si può diventare
santo, cioè ci si può aprire a questa grazia che ci lavora dentro e ci porta
alla santità… Ecco: ogni stato di vita porta alla santità, sempre! A casa tua,
sulla strada, al lavoro, in Chiesa, in quel momento e nel tuo stato di vita è
stata aperta la strada verso la santità. Non scoraggiatevi di andare su questa
strada. E' proprio Dio che ci dà la grazia. Solo questo chiede il Signore: che
noi siamo in comunione con Lui e al servizio dei fratelli” (papa Francesco).
Come spiegava già Benedetto XVI: San Paolo parla del grande disegno di Dio e afferma: “In
lui – Cristo – (Dio) ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere
santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4). E parla di noi
tutti. Al centro del disegno divino c’è Cristo, nel quale Dio mostra il suo
Volto: il Mistero nascosto nei secoli si è rivelato in pienezza nel Verbo fatto
carne. E Paolo poi dice: “E’ piaciuto infatti a Dio che abiti in Lui tutta la
pienezza” (Col 1,19). In Cristo il Dio vivente si è fatto vicino, visibile,
ascoltabile, toccabile affinché ognuno possa attingere dalla sua pienezza di
grazia e di verità (cfr Gv 1,14-16). Perciò, tutta l’esistenza cristiana
conosce un’unica suprema legge, quella che san Paolo esprime in una formula che
ricorre in tutti i suoi scritti: in Cristo Gesù. La santità, la pienezza della
vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi
a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i
suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla
statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito
Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua. E’ l’essere conformi a Gesù,
come afferma san Paolo: “Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha
predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29)…
Ma rimane la questione: come possiamo percorrere la strada della
santità, rispondere a questa chiamata? Posso farlo con le mie forze? La
risposta è chiara: una vita santa non è frutto principalmente del nostro
sforzo, delle nostre azioni, perché è Dio, il tre volte Santo (cfr Is 6,3), che
ci rende santi, è l’azione dello Spirito Santo che ci anima dal di dentro, è la
vita stessa di Cristo Risorto che ci è comunicata e che ci trasforma… La
santità ha dunque la sua radice ultima nella grazia battesimale, nell’essere
innestati nel Mistero pasquale di Cristo, con cui ci viene comunicato il suo
Spirito, la sua vita di Risorto. San Paolo sottolinea in modo molto forte la
trasformazione che opera nell’uomo la grazia battesimale e arriva a coniare una
terminologia nuova, forgiata con la preposizione “con”: con-morti, con-sepolti,
con-risucitati, con-vivificati con Cristo; il nostro destino è legato
indissolubilmente al suo. “Per mezzo del battesimo - scrive - siamo stati
sepolti insieme con lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai
morti… così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4). Ma Dio
rispetta sempre la nostra libertà e chiede che accettiamo questo dono e viviamo
le esigenze che esso comporta, chiede che ci lasciamo trasformare dall’azione
dello Spirito Santo, conformando la nostra volontà alla volontà di Dio.
Come può avvenire che il nostro modo di pensare e le nostre azioni
diventino il pensare e l’agire con Cristo e di Cristo? Qual è l’anima della
santità? Di nuovo il Concilio Vaticano II ci dice che la santità cristiana non
è altro che la carità pienamente vissuta. «Dio è amore; chi rimane nell'amore
rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1Gv 4,16). Ora, Dio ha largamente diffuso
il suo amore nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato
(cfr Rm 5,5); perciò il dono primo e più necessario è la carità, con la quale
amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di Lui. Ma perché la carità,
come un buon seme, cresca nell’anima e vi fruttifichi, ogni fedele deve
ascoltare volentieri la parola di Dio e, con l'aiuto della grazia, compiere con
le opere la sua volontà, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto all'Eucaristia
e alla santa liturgia; applicarsi costantemente alla preghiera, all'abnegazione
di se stesso, al servizio attivo dei fratelli e all'esercizio di ogni virtù. La
carità infatti, vincolo della perfezione e compimento della legge (cfr Col 3,14;
Rm 13,10), dirige tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce
al loro fine… Vorrei invitare tutti ad aprirsi all’azione dello Spirito Santo,
che trasforma la nostra vita, per essere anche noi come tessere del grande
mosaico di santità che Dio va creando nella storia, perché il volto di Cristo
splenda nella pienezza del suo fulgore. Non abbiamo paura di tendere verso
l’alto, verso le altezze di Dio; non abbiamo paura che Dio ci chieda troppo, ma
lasciamoci guidare in ogni azione quotidiana dalla sua Parola, anche se ci
sentiamo poveri, inadeguati, peccatori: sarà Lui a trasformarci secondo il suo
amore.
Sentiamo cosa ha da dirci in proposito il grande Fabio Rosini: Noi crediamo che il problema della santità sia il problema di persone
eccezionali, e si sente dire da alcuni cristiani delle frasi come: ma io mica
so ‘n santo ao’… che t’aspetti? Come non sei santo? Come sarebbe a dire? E
allora come fai a campa’? Come fai a vivere bene? Come farai a fare qualcosa di
bello se non credi nella santità? Come farai a sposarti? Quando due ragazzi si
sposano, quando fanno un progetto così grande come sposarsi, cosa stanno
desiderando? Una cosetta così mediocre, a tirar via… Mettiamo insieme il pranzo
co la cena e annamo avanti… O pensano di fare una cosa grande, bella, di amarsi
veramente? Quando tu pensi alla tua vita davanti a te, che pensi? L’importante
qui è sopravvivere… arrivare alla morte in buona salute… E’ questo che dobbiamo
fare? O voglio fare qualcosa di bello, di grande, qualcosa che valga la pena
d’esser fatto, che lasci una traccia, un segno nella storia? E poi piano piano
iniziamo ad abbassare la nostra pretesa buona, iniziamo a vivere di mediocrità,
ad ammosciare quello spunto importantissimo che c’è in ognuno di noi…
Bisogna
credere che Dio vuol fare qualcosa con te, che non è vero assolutamente che ci
sta qualcuno che è nel piano di Dio, come papa Roncalli, e invece tu no! Una
domanda te la devi fare: secondo te, Dio ama di più Giovanni Paolo II o te?
Pensaci…Uguale! Ti ama esattamente quanto
ha amato Giovanni Paolo II. E allora per te è spalancata la porta della grazia
come per lui. Per te è aperta la possibilità di incontrare Dio, di essere una
sola cosa con Lui, come per Giovanni XXIII, pensaci…
Quando andremo al cielo
vedremo un mare di grazie sprecate, vedremo tante cose bellissime e chiederemo:
ma queste perché non le ho vissute? E Dio ci risponderà: eh, ma veramente io te
le ho offerte, ma tu non ci hai creduto… Non hai creduto che fossero proprio
per te.
Una delle cose più stupide che possiamo pensare è che la storia di
Giovanni Paolo II è importante e la mia no. Ma quando mai? Dio non ama tutti,
Dio ama ognuno! E’ un po’ diverso… E a te ti ama in una maniera unica,
personale. La sfida della tua vita è voler varcare quella soglia, voler entrare
in questa grandezza che si vede in questi due uomini, che hanno consolato tanti
e che hanno fatto cose grandi, che restano nella storia. Vedete? Loro credevano
nell’uomo. Non nel senso di un credere così, acriticamente… No, l’uomo ha i
suoi problemi e le sue debolezze, ma in fondo l’ultima parola è di Dio.
L’ultima parola nel cuore di ogni uomo, fosse pure il più lontano, che nega
l’amore di Dio in tutte le forme, l’ultima parola però nel suo cuore ce l’ha un
altro, ce l’ha uno che gli vuole bene. Devi credere a quell’ultima parola. La
mia e la tua sfida è pensare bene di quello che ci sta succedendo. In fondo la
radice della santità è credere nella santità di Dio. E’ credere che Lui è buono
e ti vuole veramente bene.
Ma io vedo una cosa: oggi una tentazione che hanno
tantissimi ragazzi, e pure noi vecchietti, è quella di una mesta concezione di
noi stessi. C’è una tristezza che resta lì, latente, in fondo si pensa che sia
sbagliato credere in qualcosa di luminoso, di importante, di bello, di prezioso.
Ogni persona che vuole fare qualcosa di prezioso nella vita, deve rompere con
una tristezza, disobbedire a una tentazione di nulla che ha dentro di sé:
quanti ragazzi state messi così? Sgonfi… Pensate male di voi stessi. Quanto vi
sbagliate! Il Signore nostro Gesù Cristo è morto ed è risorto per noi! Perché
l’ha fatto? Così… perché era ‘na cosa bella, o perché NE VALEVA LA PENA? Perché
ti ama Dio? Perché ti ama Dio? Perché ne vale la pena di amare te! Vale la pena
di amare te! TU SEI IMPORTANTE! Tu sei prezioso!
Giovanni XXIII credeva che si
poteva parlare con tutti, perché in tutti c’è il bene. Giovanni Paolo II ha
lanciato iniziative perché ogni uomo può essere santo. Io ero a Santiago de
Compostela, quando disse per la prima volta quella frase: NON ABBIATE PAURA DI
ESSERE SANTI! Perché ne ho paura, perché ne hai paura. Perché abbiamo paura di
andare fino in fondo. E vai fino in fondo! Che ci hai da perdere? Abbiamo paura
di credere alla bellezza che noi siamo, ma Cristo ci crede! CRISTO CI CREDE CHE
TU SEI IMPORTANTE! Dà la vita per te! Muore per amore tuo, per te risorge! Ma
ti tratti come una cosa da quattro soldi, mentre invece sei importantissimo!
Vali il sangue di Cristo! Quanto valgo io? Al cambio quanto valgo? Quanto vali
tu?
Il più triste che sta qui questa sera, il più sgonfio, il più scoraggiato
che sta qua dentro, sappia che non sta credendo alla verità. Se la tristezza
abita nel tuo cuore, non è la verità quella lì! La verità è Cristo! E la verità
è che Cristo ha pensato che tu sei uno che vale la pena che la seconda persona
della santissima Trinità fosse torturato, flagellato, crocifisso, morisse per
amore tuo! Lui ritiene che si può fare. Lui ritiene che tu vali la pena!
Ricordo che Giovanni Paolo II nel 1985 a Roma disse: “Sì, vale la pena di
essere uomo, perché tu, o Cristo, hai scelto di essere uomo”. Io in quel
momento sentii: ma allora non è così brutto essere Fabio… E’ come se tu ti vedi
un pochino bruttina, un po’ così, un tipo… e poi scopri che un’attrice
bellissima si sta facendo la plastica per somigliare a te… Ma allora così
scorfana non sono! Se la seconda persona della Santissima Trinità ha voluto
somigliarmi, allora vuol dire che io non sono proprio così male...
Credere
all’amore di Dio. Guarda che Dio non ti ama solo perché è amore. Ti ama anche
perché t’ha creato Lui e sa che sei bello, sa che sei bella. Sa che senza di te
non si può fare. Sai perché ti ha creato Dio? Perché senza di te non si può
fare. Ci sono persone che solo tu puoi amare. Ci sono cose che solo tu potrai
fare, parole che solo tu potrai dire, sentimenti che solo tu potrai provare. In
nome di Cristo, sii te stesso! Davanti a Dio, nel suo amore. In nome di Cristo,
credi che, tanto quanto Dio ha amato e operato in Giovanni Paolo II o in
Giovanni XXIII, così Dio vuole operare in te. Speriamo ci sia qualche
coraggioso qua dentro… qualcuno che apre il cuore.
(22 aprile 2014, catechesi in preparazione della canonizzazione di
Giovanni XXIII JP2)
Coraggio! Allora che fare? Bisogna chiedere lo Spirito Santo, cercare l'incontro con Cristo, ovunque si trovi, conoscerlo, ascoltarlo, frequentarlo il più possibile, perché ci trasformi in un capolavoro di carità perfetta, a sua immagine. Tutto passa nella vita, tutto in fondo è vanità, mentre solo la carità, solo l'Amore di Dio resta, perché come spiega Marko I. Rupnik, è l'unità di tutto, perfino degli opposti. La santa carità rimane perché è talmente divina da riuscire ad includere anche l'opposizione, il rifiuto, la ribellione e persino la negazione. La carità si lascia negare, calpestare, umiliare, distruggere - come ha fatto Cristo, manifestazione dell'amore del Padre - ma sempre risuscita, rimane lì, umile, mite, senza interessi per sé, senza voglia o bisogno di affermarsi, senza desiderio di un proprio spazio, di proprie forme di esistenza...
La carità è la vita eterna! nulla di creaturale la può distruggere. Essa mantiene, anche negli anfratti più bui della storia, un'apertura incessante verso gli abissi dell'amore personale del Dio trino. Bisogna chiederla al Padre come il più grande tesoro, ed è lo Spirito Santo che ce la comunica, Colui che versa nei nostri cuori l'amore di Dio Padre e del Figlio. Lo Spirito Santo può forgiare in noi l'immagine del Figlio obbediente, che ci invita: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita" (Mt 11, 28-29); "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34); "Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi" (Gv 13,15).
Come
un prodigio (3)
La Fa#m La Fa#m
Santo!
Mi hai pensato Santo!
Mi hai pensato…
Sim Mi
santo!
Mi hai voluto
Do#m Fa#m
Re Mi
santo
in Gesù Cristo tuo Figlio!
La Fa#m
Santo!
Mi hai creato
Sim MI
santo!
Mi hai chiamato
Do#m Fa#m
Re Mi Sol
santo
in Gesù Cristo, come sei Tu!
Sol
La Sol
La
E’
difficile conoscersi davvero E’
difficile correggersi sul serio
Sol
Mi4 Mi Sol
Mi4 Mi
e
capire tutto il bene che si può dare con Te e
capire tutto il bene che si può fare con Te
Mi2 Mi Mi2
Mi
…perché… …perché…
La Fa#m Sim Mi La Fa#m Sim Mi
Tu
mi hai fatto come un prodigio, Tu
mi hai fatto come un prodigio…
Do#m Fa#m Re Mi
un
miracolo del tuo amore,
La Re
Mi Fa#m
a
tua immagine e somiglianza
Sim7 Re Mi Mi4 Mi
in
Gesù Cristo tuo Figlio
La Re La
Re
Non
è vero che non valgo niente, Non
è vero che non sono bello,
La
Re La Re
che
se non ci sono è indifferente, Non
è vero che non ho un fratello,
Fa#m Mi Re2 Re Fa#m Mi Re2 Re
non
è vero che per caso sono qui… non
è vero che per caso sono qui…
La
Re La
Re
Non
è vero che è tutto uno sbaglio, Non
è vero che non c’è giustizia,
La
Re La Re
che
comunque fallirò il bersaglio, vedi?
il male insegue ogni malizia,
Fa#m Mi Re2 Re Fa#m Mi Re2 Re
non
è vero che per caso siamo qui! non
è vero che per caso siamo qui!
Fa#m Mi Re2 Re Fa#m Mi Re2 Re
Solo
che ho bisogno di conoscerTi, Solo
che ho bisogno di conoscermi,
Do#m7
Sim7 Dom7
Sim7
perché
Tu mi hai fatto per conoscerTi, perché
Tu mi hai fatto per amarTi,
Do#m7
Sim7 Do#m7 Sim7
mi
hai pensato santo dall’eternità, mi
hai voluto santo dall’eternità,
Do#m7
Sim7 Do#m7
Sim7
per
collaborare con la tua creazione per
cantare tutti insieme la tua gloria
Mi Re Do#m
Mi Mi Re Do#m Mi
e
mi hai scelto fin dal seno di mia madre e
mi hai scelto fin dal seno di mia madre
La La
per
edificare un mondo nuovo, per
edificare un mondo nuovo,
Sim Sim
una
civiltà del “bell’amore”, una
civiltà del “bell’amore”,
Do#m Do#m
una
casa dove stare insieme, una
casa dove stare insieme,
Re
Sim Re
Sim
una
Chiesa per il mio Signore, una
Chiesa per il mio Signore,
Mi (Mi7) La Re Sim Mi La Re… Mi (Mi7) La
Re Sim Mi LaReSimMi
dove
sempre la tua Pace regnerà…
regnerà! dove sempre la tua
Pace regnerà… regnerà!
Mi chiamo Roberto, Roberto Lucioli… ho 45 anni, sono nato a
Roma negli anni ’70, a san Giovanni, ma sono cresciuto in periferia, al
Collatino e a Centocelle, dove non era un ambiente proprio facilissimo…
Il mio
nome ha origini nordiche, provenzali e germaniche, in realtà non mi è mai
piaciuto molto, finché ho scoperto che significa “splendente di gloria”, bellissimo! Perché racchiude in sé già una
chiamata a riflettere “come in uno specchio la gloria del Signore” (2Cor 3,18):
"E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri
cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di
Cristo. Noi però abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che
questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi..."
(2Cor 4,6-7) …
E’ per questo che faccio certe strane cose... Devo in qualche
modo far risplendere la gloria di Dio! Anche se sono debole, fragile, pieno di
paure e peccati, ma per essere veramente Roberto DEVO fare questo, far
risplendere in me la sua gloria! Poi, facendo delle ricerche, ho scoperto che
anche il mio cognome, che odiavo perché nessuno mai lo capisce, ha a che fare
con la luce, è il plurale di “piccolo Lucio”, nome che significa anch’esso
“luminoso, splendente, nato nella luce” … Quindi il mio nome potrebbe essere
parafrasato così: “piccole luci
splendenti di gloria”.
Ecco, penso che nella mia vita Cristo, tramite la Chiesa, ha
acceso delle piccole grandi luci che sento di dover far risplendere, donare, comunicare,
perché anche altri fratelli possano esserne illuminati e scaldati. In realtà
non è per niente facile farlo, perché corrispondere alla luce della propria
chiamata è un qualcosa che insieme attrae ma anche terrorizza, ci si sente
inadeguati, si affronta il troppo bello, il meraviglioso, ciò che sembrerebbe impossibile,
e quindi apparentemente ci sono mille motivi per non farlo… E se non funziona?
E se fallisci? Tu non sei niente! Non sei niente, ti dice una vocina, ma ‘ndo
vai, falla finita per piacere va, ma non lo vedi che sei ridicolo? Lassa
perde’... Ti devi fidare, devi rischiare, ti devi buttare sperando che lo
Spirito creatore operi, si inventi qualcosa e che il Signore passi, sennò
pazienza, chevvedevodì, avrò fatto una figuraccia in più, ma almeno ci ho
provato a seguire davvero Cristo!
La prima volta che lo incontrai davvero era il 1988 e avevo
17 anni. Da un po’ di tempo ero finito in una specie di vicolo cieco. Ero disorientato
e depresso, perché la vita mi sembrava un'assurdità senza senso e non potevo capire
né accettare la crisi dei miei genitori,
della società che mi circondava e quella mia personale.
Noi viviamo per tanti
aspetti in una cultura della crisi, e questo non può non avere conseguenze in
certi nostri modi di vivere, pensare e agire. Voglio dire, se ti capita
nell’adolescenza, che già è di per sé un’età non proprio agevole, di leggere
Kafka, Leopardi e Schopenhauer, o di vedere Apocalypse now e Platoon, o di
ascoltare musica dei Police, dei Pink Floyd, non è che
puoi stare molto allegro e spensierato… E infatti ero diventato come una specie
di Zombie, un “dead man walking”: mi sentivo come morto dentro e mi lasciavo
vivere andando alla deriva, ero una specie di comparsa nella mia vita. Cercavo
di sopravvivere, soffrendo il meno possibile e divertendomi e
sballandomi come potevo…
Sono sempre stato terribilmente insicuro e pieno
di complessi, alla continua ricerca di punti di appoggio fermi e affidabili. Questo
era dovuto tra l'altro all'assenza di mio padre, che lavorava a Napoli e aveva
un carattere molto chiuso, al rifiuto e al bullismo che avevo subìto alle
scuole elementari, e al rapporto con mio fratello maggiore, il primogenito…
Allo stesso tempo, come tutti i giovani, avevo una grande
sete ideale di verità, di giustizia e di autenticità, che venivano
continuamente frustrate dalla vita reale, per cui finivo spesso col
rinchiudermi in un mondo di sogni, con le cuffie alle orecchie o perduto dentro
a un film.
Sentivo a volte che ero fatto per qualcosa di
grande e di importante, che non poteva consistere in quella vita che facevo, così
miserabile, vuota e superficiale, ma non vedevo proprio come ciò potesse
accadere.
Ho capito più tardi che la mia ansia di Assoluto, il desiderio
profondo di Dio da sempre inscritto nel mio cuore, era stato in realtà soffocato dalla cultura di fondo che mi circondava, in famiglia come
tra i ragazzi del mio quartiere e nei mass media, dove le sole ‘divinità’ cui
ci si prostrava erano 'a maggica Roma, i soldi, il successo, ‘a bella vita, le
star dello spettacolo o dello sport, il sesso e le belle donne. Tutto questo in
fondo non mi bastava, e oltretutto non vedevo alcuna possibilità di far parte
della festa, non ero nessuno, e allora a che serviva la mia vita, che senso
aveva? Perché non potevo essere come Sting o andare a letto con
Kim Basinger, o giocare come Conti, Nela e Farcao?
Tutto l’universo mi sembrava in preda al Caso, ad un Caos
indefinito o comunque a un Destino misterioso e beffardo, spesso crudele, per
cui vivevo con una specie di pessimismo cosmico, presente nella mia famiglia
come in certa sottocultura borgatara romana, una credenza superstiziosa secondo
cui la Iella si divertirebbe a perseguitare le sue vittime prescelte: “e te
pareva?”; "poteva anna' peggio...", e tutto questo alla fine sfociava nell’Assurdo, nel nonsense alla Woody Allen o alla Monty
Python. Il mondo pareva regolato dalla celebre Legge di Murphy, secondo la
quale tutto ciò che può andare male, lo farà.
Ma soprattutto, mi portavo dietro, come dicevo, le
conseguenze di ferite che nessuno aveva mai medicato e che neppure io vedevo né
capivo bene, come il rifiuto che avevo subìto dapprima dai nuovi compagni della
scuola elementare e poi qualche anno dopo da mio fratello maggiore con la
cerchia dei nostri comuni amici sotto casa, il senso di abbandono e di
incomprensione da parte dei miei genitori e la vergogna e l'oscuro senso di
colpa per la schiavitù compulsiva della masturbazione e della pornografia.
Perciò mi disprezzavo terribilmente, ero un complessato, mi
sentivo spesso incapace e inferiore agli altri ed ero molto chiuso in me stesso: non
vedevo la mia bellezza come opera di Dio, il fatto che sono prezioso ai suoi
occhi, la possibilità di fare qualcosa di buono nella mia vita; vivevo con il
terrore profondo di essere o diventare un “soggetto”, cioè un imbranato
disadattato alla Fantozzi...
Inoltre non riuscivo più a studiare e stavo andando incontro
a una bocciatura, per non parlare del fatto che non avevo ancora una ragazza
alla veneranda età di 17 anni, che non ero capace di relazionarmi con il sesso
femminile e non dico che ero vergine, ma non ne avevo neppure mai baciata
una!!!
In poche parole, mi sentivo terribilmente solo in questo mondo
e non vedevo alcun futuro davanti a me!
Così un brutto giorno decisi di mollare
tutto e tentai il suicidio, come si dice.
Non sapevo quel che facevo. Avrei voluto scomparire,
semplicemente non esserci più, eclissarmi nel nulla, dormire per sempre. Presi svariati
tranquillanti e medicine che trovai nell'armadietto di casa e mi sdraiai sul
letto con il mio idolatrato Sting nelle orecchie, aspettando l'ora fatale in
cui tutto sarebbe finito per sempre. Ma ciò non successe.
Sentii solo una specie di bagliore interno, una sorta di
ebbrezza, poi più nulla!
Non riuscivo neppure a suicidarmi, pensai, era un altro
fallimento...
Mi fruttò solo una brutta intossicazione, per cui per un mese
andai in bagno ogni cinque minuti. Non ne feci parola con nessuno e andai avanti
come potevo.
Ma qui avvenne qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Poco
tempo dopo, infatti, un mio compagno di scuola, senza sapere nulla di quanto
appena detto, mi ha invitato alle catechesi iniziali del Cammino
Neocatecumenale, nella parrocchia dell’Ascensione a Quarticciolo. Il Cammino è un dono dello Spirito Santo, frutto
del Concilio Vaticano II, per rinnovare la Chiesa, per aiutarla ad andare
incontro all’uomo del nostro tempo. Si tratta di un itinerario di formazione
cristiana e di educazione alla fede nato tra le baracche dei poveri di Madrid,
che offre anche alle persone lontane dalla Chiesa la possibilità di diventare
uomini nuovi, figli di Dio capaci di vivere in comunione con Cristo e con la
comunità dei credenti.
l'Ascensione a Quarticciolo
Ricordo che stranamente ho accettato senza neanche discutere
o pensarci tanto, perché non avevo proprio più niente da perdere, ma non è che
mi aspettassi nulla… Invece mi colpirono subito la schiettezza e insieme la
sapienza straordinaria di quei quattro poveracci mezzi borgatari come me, che
avevano il potere di parlare al mio cuore, di far luce sul perché delle mie
ferite, senza giudicarmi o chiedermi qualcosa in cambio, e di farmi capire
profondamente certi aspetti della mia storia e anche della Storia in generale,
col mio stesso linguaggio di tutti i giorni, col dialetto della strada… Come
dissero i discepoli di Emmaus, mi ardeva il cuore nel petto mentre parlavano: è
la stoltezza della predicazione che mi ha salvato la vita! Dio aveva ascoltato
il mio grido d’aiuto e mi aveva mandato questi angeli per liberarmi dalle
catene che mi opprimevano da tanto tempo!
Il mio Padre celeste e santo era sceso a dirmi che mi amava
così com’ero, che per Lui ero prezioso, con tutto il mio carico di debolezze, peccati,
fallimenti e sensi di colpa. Per la prima volta nella mia vita, forse, mi
sentii davvero amato! E questo Padre mi prometteva una vita nuova, un cammino
di conversione e di liberazione che mi avrebbe portato alla Terra promessa,
alla beatitudine evangelica. Inoltre, il fatto che Cristo stesso fosse
“disprezzato e rifiuto degli uomini” mi ha toccato profondamente il cuore ed è
stato come un balsamo, una medicina per le profonde ferite del mio orgoglio e
della mia affettività: era come se i rifiuti, gli abbandoni e i fallimenti che
avevo vissuto mi avessero in qualche modo preparato, avvicinato e unito
profondamente al Figlio di Dio, mi avessero arato e seminato perché potessi
vivere quell’incontro con Lui.
Kiko Arguello, fondatore del Cammino
Il mistero pasquale era una risposta meravigliosa e al tempo
stresso molto concreta alla mia domanda di senso, mentre l’annuncio del fatto
che era possibile passare attraverso la via della sofferenza e
dell’umiliazione, e che anzi proprio tutto quello che avevo sempre cercato di
fuggire era la via della salvezza che Cristo stesso aveva percorso per giungere
alla sua gloria, mi diedero una forza e una speranza nuove e la chiave per
ricominciare a vivere la mia vita. Ma anche il semplice fatto di far parte di
una comunità di fratelli, cioè la possibilità di relazionarmi con gli altri, di
aprirmi in qualche modo e di uscire finalmente da me stesso, di vedere che
anche gli altri vivevano grandi sofferenze e problemi, di potermi pian piano
sempre più esporre senza sentirmi giudicato, in quella situazione mi ha salvato
e mi ha permesso di rinascere a vita nuova.
Dopo un anno circa ho ripreso a studiare e a frequentare il
Liceo, ho imparato a suonare la chitarra, scrivere canzoni e guidare la
macchina, ho conosciuto una ragazza molto più grande di me e ci siamo
innamorati, e ho incominciato a viaggiare molto e a sentirmi più sicuro, libero
e indipendente. Beh, per com’ero timido, insicuro e chiuso in me stesso, voi
capirete senz’altro quale grosso miracolo sia il fatto che io sia qui a parlare
e cantare davanti a tutti voi… Dio è grande!!!
Per cercare di ricordarmi sempre e celebrare il fatto che Lui
mi ha amato così come sono, quando ero poco più che un rifiuto, un’immondizia,
quando mi facevo schifo da solo, ho scritto questa canzoncina che vorrebbe
essere allegra e divertente, ballabile…
Spero che vi piaccia e che magari possa aiutare qualcuno ad incontrare un così grande salvatore e liberatore, Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente. Buon ascolto.
Occhi di
re
Do Do4 Do Do Do4 Do
Mi hai amato così, Ma
era stato un nemico,
Sol Sol
come sono, così! un
antico nemico,
Mim Mim
Mi hai amato di più, un
malvagio ti dico!
Fa Fa
mi hai amato, Gesù! Un
antico nemico
Do Sol Do Sol
E lo voglio cantare… Tutta la
vita Che
mi aveva mentito… Tutta la vita
Fa Do
Sol Fa Do Sol
Che mi hai amato così, proprio
com’ero Nascondendomi
Te, proprio com’eri
Fa Do Fa Do
Che mi hai amato di più, nel mio
peccato! Nascondendomi
Te, e il tuo amore per me!
Mim Mim
Tu mi avevi dato tutto Quando
poi ho lasciato tutto
Fa Fa
Ma io non avevo niente Tutto
mi sembrava niente…
Do
Sol Do Sol
Perché niente più vedevo senza te perché
niente mi mancava, avendo Te!
Mim Mim
L’universo era distrutto, La
bellezza è dappertutto,
Fa Fa
ogni cosa indifferente il
mio cuore trasparente
Do Sol
Lam Fa Do Sol Lam Fa
e la gente bestemmiava: “Dio non
c’è…”, e
la gente divertente, adesso che
Do Sol Do Do Sol Do
giudicando senza ma… e senza se me
la guardo coi tuoi occhi… occhi di Re!
Do
Do4 Do
Perché…
mi hai amato così…
Sol
Fa Do Sol
E lo voglio canta-a-re tutta la vita, tutta
la vita! E lo voglio cantare… [Ad libitum]